lunedì 14 maggio 2018

Solidarietà ai fattorini di Foodora

Quando si parla di gig economy e lavoretti ormai tutti pensano a loro, i riders di Foodora: un po' poco occuparsene solo come prova del disfacimento dei diritti e delle tutele, oppure come esempio della tirannia dell'algoritmo sulle persone. Sarebbe necessario conoscere chi lavora da Foodora e aziende simili e soprattutto provare a capirne esigenze e problemi, a maggior ragione se scarichiamo un'app e facciamo un ordine per la cena nel nostro quotidiano...

Molto preoccupante è la sentenza del tribunale del Lavoro di Torino dell'11 aprile scorso secondo cui i riders di Foodora sarebbero da considerarsi collaboratori autonomi e non lavoratori subordinati, come invece i 6 ex lavoratori torinesi hanno cercato giustamente di dimostrare. Secondo i giudici di primo grado quel tipo di lavoro viene gestito in autonomia dai fattorini con il proprio mezzo e non è accertato il potere di controllo e di subordinazione instaurato.
Di sicuro si tratta di un precedente molto pericoloso per tutte le lavoratrici e i lavoratori del Terziario 4.0 (che sono e saranno sempre di più, dalle piattaforme logistiche al cambiamento della distribuzione organizzata, che ormai prevede in ogni punto vendita un picking point per gli acquisti on line, ma a carico degli stessi dipendenti di ieri e di domani), in quanto la storia dei riders torinesi sembra mostrare chiaramente che questi lavoratori e lavoratrici, oltre a subire una costante pressione psicologica, sono totalmente assoggettati al datore di lavoro attraverso la app aziendale che controlla e gestisce spostamenti e “produttività”, inoltre indossano una divisa e sono sottoposti a rapporti gerarchici inequivocabili, come tutti i lavoratori subordinati.

Mi unisco perciò al coro di chi esprime la massima solidarietà e chiede che venga riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato e di conseguenza il reintegro al lavoro di questi lavoratori e lavoratrici, ma in parallelo è necessario e urgente che ci si occupi del lavoro di tutti i dipendenti di Foodora: che possano lavorare in condizioni dignitose, del tutto diverse da quelle testimoniate, per esempio rispetto al compenso che ammonta a 2.70 € a consegna!
Una soluzione in questo senso secondo alcuni potrebbe arrivare dall'attività del sindacato internazionale: infatti di poche settimane fa è la costituzione del Comitato Azienda della Societas Europea del gruppo a cui appartiene anche Foodora, con sede a Berlino. L'accordo di costituzione del nuovo organo di livello sovranazionale prevede alcuni principi di partecipazione attiva dei lavoratori al controllo delle aziende e il diritto all'informazione sulle dinamiche aziendali e sulle procedure, ma non viene assegnato nessun potere e ruolo nella contrattazione di condizioni minime rispetto a salario, orari, etc che invece restano competenze nazionali.
Di sicuro è un inizio di relazioni, ma può incidere sulla realtà attuale? E come?

Al momento solo la partecipazione diretta con l'iscrizione al sindacato sembrerebbe una strada percorribile verso il miglioramento della condizione esistente... Ma a quale sindacato se il lavoro è autonomo? E soprattutto: come non farsi "disattivare" nel frattempo come successo ai 6 torinesi ricorsi in giudizio?
Bisogna rispondere a queste domande prima di parlare di algoritmo, altrimenti è solo incomprensione e solitudine.

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